Vi sono, nella nostra vita, delle periodiche ricorrenze; alcune sono quotidiane: bere, mangiare, dormire; altre hanno scadenze più lunghe: settimanali, mensili, annuali o anche più.

Chi in qualche modo è interessato alle Arti marziali sarà incappato – almeno una volta – nella “vexata quaestio” della efficacia delle tecniche studiate oggi, su quanto siano attuali, su quanto siano utili, su quanto siano dannose più per chi le pratica che per chi le subisce e via dicendo.

Capita, pochissime volte in verità, che la discussione sia sincera ma composta, e consenta di confrontare visioni diverse, a volte opposte, a volte complementari, ma comunque interessanti.

Più spesso si passa alla rissa verbale, al dileggio, alla offesa, al turpiloquio, con un fioccare di “e se il tuo aggressore ha una pistola allora che fai?”, “le vostre sono solo seghe mentali”, “andate a [] Quarto Oggiaro [] Centocelle [] Quartieri Spagnoli (mettere una crocetta sulla zona urbana malfamata che preferite) e vediamo che sapete fare” e via dicendo.

Dall’altra parte – occorre dirlo – si risponde con la stessa “Vis polemica”, citando “ipse dixit” improbabili, aneddoti al limite del mitologico, storie di Maestri che da soli hanno sconfitto decine di malfattori, passaggi di grado conquistati non sul tatami ma in risse da bar e chi più ne ha più ne metta.
Sarebbe folle, da parte mia, pensare di poter dipanare un simile garbuglio; non ne ho la autorità, non ho le conoscenze necessarie, non ho il tempo sufficiente e – soprattutto – non mi interessa minimamente farlo.

Perché questo scritto, mi si chiederà. Per chiarire alcuni punti a me stesso ed a chi mi conosce, per doverosa informazione di chi si affida alle mie indicazioni didattiche (spero che quello che scrivo non sia per loro una novità, ma “repetita iuvant”) e per contribuire comunque alla discussione, che comunque non è priva di interesse.

Ovviamente la mia opinione è – etimologicamente e sostanzialmente – opinabile; vale né più né meno (spero) di quelle altrui, non ho e non pretendo di avere nessuna Verità da rivelare e non credo assolutamente che chi la pensa diversamente da me sia nel torto, anzi!
Tutto ciò premesso, andiamo al sodo.

Detta in soldoni, credo che la pratica – anche pluriennale – di una arte marziale da tatami in un contesto di difesa personale “mors tua vita mea” sia utile quanto l’aver nuotato in piscina un naufragio causato da una tempesta in mare aperto. Ovvero non è condizione necessaria e tantomeno sufficiente.
Le ragioni sono tante, di ordine fisico, emotivo e psicologico.

Oggi come oggi neppure chi per professione dovrebbe (il condizionale è d’obbligo…) occuparsi della propria ed altrui sicurezza è in grado di in grado di intervenire in condizioni di efficacia ed efficienza in situazioni di ordine pubblico e le prove sono spiattellate dalla cronaca quotidiana: persone da sottoporre a TSO morte soffocate durante una immobilizzazione, tre o quattro agenti tenuti sotto scacco da un malfattore particolarmente aggressivo e via dicendo. I motivi sono tanti, alcuni li conosciamo, altri si possono immaginare, la Legislazione vigente ci mette del suo e chiudiamola qui.

Ora, se questo è lo stato dei fatti relativo ad un poliziotto, carabiniere, vigile, agente di PS medio, che ha sicuramente più probabilità di essere coinvolto in situazioni violente, e quindi maggiori probabilità di essere già stato coinvolto in situazioni simili, avendo comunque ottenuto un riscontro della sua preparazione, come possiamo noi pensare di essere messi meglio, visto che ci addestriamo comunque in condizioni “ideali”, con compagni più o meno collaborativi e protezioni? (ovviamente escludiamo dal discorso sia gli operatori di PS alla Rambo che i marzialisti alla Kobra Kai, che meriterebbero un ulteriore discorso a parte…).
Credo che più o meno tutti si possa concordare sul fatto che il marzialista medio – nonostante decenni di pratica – maturata però in allenamenti bisettimanali di un ora ciascuno, non è che abbia una preparazione tale da renderlo invincibile contro il cattivone di turno, anzi… a volte è proprio l’errata convinzione di essere un “samurai de’ noantri” ad esporlo a più danni di quanti ne potrebbe evitare una condotta saggiamente orientata ad evitare per quanto possibile scontri e conflitti.

Ma se così stanno le cose, allora perché spendere tempo, soldi ed energie sul tatami? Perché rischiare comunque lividi ed ecchimosi, fratture e slogature?
Per lo stesso motivo percui si va a nuotare in piscina senza pensare di prepararsi ad un futuro naufragio (in piscina c’è l’ulteriore vantaggio di poter ammirare anche i compagni di nuotata in costume, mentre il marzialista è solitamente imbacuccato in ingombranti divise che lo rendono spesso simile ad un palombaro, ma questa è un’altra delle nostre tante perversioni…).

Personalmente salgo sul tatami perché mi piace, mi diverto, scopro molte cose di me, del mio corpo, delle mie emozioni, della mia psiche. Tutto questo potrebbe servirmi in caso di aggressione? Non lo so, e – onestamente – spero di non doverlo scoprire mai.
Un praticante assai più bravo di me (e non ci vuole molto…) una volta disse che “l’arte marziale più forte è quella praticata da chi è disposto a morire”, e non ho dubbi in proposito, ma altrettante certezze ho in merito al fatto che semmai dovessi decidere della mia o altui vita, non lo farei per un parcheggio conteso, per un apprezzamento volgare a mia moglie o per difendere le poche decine di euro che ho in tasca.
Pratico ricordando sempre (e citando spesso), l’aneddoto raccontato da uno dei tanti Maestri che ho avuto la fortuna di incontrare, che raccontò di uno stage di Kendo in Inghilterra dove distribuirono come cadeau una maglietta con su scritto più o meno: “Pratico Kendo per avere un motivo per uscire a bere una birra con i compagni di allenamento”.

Ecco, io la penso così, perché una aggressione potrebbe non avvenire mai, i compagni di allenamento li incontri ogni volta che sali sul tatami.

p.s. il fatto che io scriva queste povere riflessioni nel giorno in cui si ricorda la nascita di Saito Morihiro Sensei, un Maestro che tutto era fuorché inefficace e che pure non ha mai “sboroneggiato” sul tatami è solo una fortuita – ma forse non casuale – coincidenza