In base alla mia modesta esperienza, mi sento di affermare con ragionevole sicurezza che nell’Arte, come nella vita, valgono sempre gli stessi Principi universali. E così, absit iniura verbis, e senza sfociare nella ossessiva paranoia del Sgt. Hartman, considero le armi che impieghiamo nella pratica dell’Arte come “compagne di Via”, che vanno trattate con la stessa cura ed attenzione che dedichiamo (o dovremmo dedicare…) alla persona in carne e ossa con cui condividiamo un pezzo della nostra vita.

Tra le cose più difficili da fare, nel rapporto sentimentale, c’è forse il “dosaggio della presenza”… non si deve essere troppo incombenti ma neppure troppo distanti; si deve far sentire al partner che vogliamo averlo al nostro fianco ma senza “strangolarlo di attenzioni”… è come quando si cavalca un cavallo: se le briglie sono troppo sciolte il cavallo andrà dove vuole lui, se sono troppo tirate il cavallo sarà bloccato.

Vale lo stesso per i figli e per gli amici, in diverse gradazioni, che ognuno può e deve modulare in funzione delle proprie capacità ed esperienze; per quanto riguarda le armi invece, abbiamo la fortuna di poter osservare i Maestri e imparare da loro…

Nelle due immagini soprastanti è possibile notare come Saito Morihiro shihan impugna tanto il jo che il bokken con una presa ferma ma non rigida, in particolare nel ken-no-kamae è evidente la posizione degli indici, mentre nell’ushiro tsuki con il jo la posizione rispetto al palmo delle mani (oltre che l’altezza della stoccata, ma questa è una altra vexata quaestio…)