(Traduzione e adattamento di “Receiving Corrections” di Pauliina Lievonen)

Sto ancora rimuginando su questo aspetto dell’etichetta, e sul perché sia così difficile accettare le correzioni. Qualcuno ha chiesto se ciò accade perché la gente non si preoccupa di impartire le correzioni in modo aspro, ed io ho risposto che avrei esaminato questa possibilità. Tornando indietro con la memoria a quando ho cominciato la pratica dell’Aikido, ricordo che ero terribile. Odiavo essere corretta su qualsiasi cosa; forse non lo mostravo molto spesso, anche perché sono una ragazza carina e cortese. Mi risentivo, e non solo in Aikido, ma anche nei miei studi musicali, per esempio quando provavo in compagnia di altri studenti. Per molto tempo, se qualcuno criticava il mio modo di suonare, io sentivo di over ricambiare pan per focaccia e di restituire le stesse critiche in qualche successiva sessione di prove. Tutta aggressività molto passiva e indiretta… e se il mio insegnante criticava qualcosa in una lezione, io mi deprimevo e lo ritenevo ingiusto e abbietto.

L’unica persona con cui sono riuscita a sfogare le mie collere è mio marito, che è anche un musicista. Come è cambiata questa situazione? Trovando persone più simpatiche con cui suonare, un altro insegnante, un altro sensei di Aikido che fosse più gentile nell’esporre le sue critiche? Da qualche parte lungo la via ho cambiato dojo, ma a favore di uno ove l’etichetta era più rigida di ogni cosa. Alcune di queste possibilità mi avrebbero fatto invecchiare e mi avrebbero consentito di conoscermi meglio, di capire chi sono, cosa fare e cosa non fare. La cosa più eclatante avvenne comunque un paio di anni fa, quando maturai l’idea dell’umiltà e, per diverse ragioni, decisi di farne il tema della pratica di quell’anno.

La cosa buffa è che l’umiltà non è una dote innata, ma è una qualità che deve essere coltivata, ed il modo in cui l’ho fatto e stato chiedendo a me stessa: “Perché no?”. Se vengo corretta, perché no? Perché penso di essere infallibile? Se la correzione è brusca, perché no? Sono forse così speciale da meritare un comportamento extra riguardoso? Se mio marito di chiede di eseguire questo o quel solfeggio in maniera differente, perché no? Penso davvero di fare le cose in maniera così perfetta che non possano essere cambiate? Se qualcuno mi passa avanti nella fila in salumeria, perché no? In fondo, cosa mi costa? Adesso arriva la parte tosta. Ogni volta che chiedevo a me stessa: “Perché no?” dovevo ricordare a me stessa che non ero abbastanza grande, importante, buona e meravigliosa quanto avrei voluto essere nei miei sogni. Dovevo ricordare a me stessa che nel grande panorama dell’universo io sono abbastanza insignificante. Ed ho dovuto guardare le mie imperfezioni negli occhi ed ancora non mi piace farlo. Chi lo vorrebbe? Ma una volta che l’ho fatto, ho cominciato ad avere riscontri su quello che realmente ero. E che è molto meglio prepararsi per cominciare se si vuole migliorare ed avere un terreno solido su cui poggiare il primo passo.

E adesso la parte piacevole: Dopo aver praticato chiedendomi: “Perché no?” per un po’ di tempo, ho constatato che questo atteggiamento rendeva la mia vita molto più facile; è ancora sorprendente per me notare quanto questo mi aiuti: mi rende meno stressata a causa dei maleducati che incontro durante il giorno; mi rende le prove molto più piacevoli perché piuttosto che partire a confutare le modifiche proposte da qualcuno , rispondo: “Proviamo!”.

In alcune situazioni strane e contraddittore, mi ha reso più fiduciosa piuttosto che il contrario, perché ogni volta che mi sentivo insicura su cosa fare, dire o scrivere, mi chiedevo: “Perché no? Se la gente pensa che questo non sia abbastanza buono, perché non dovrebbe?”. Così proponevo i miei articoli, ed a volte le persone li apprezzavano, altre volte no, e la vita andava avanti lo stesso senza grandi stravolgimenti. In altre parole, oggi ho il coraggio di provare a fare cose che prima non tentavo per paura di fallire, e se tornassi indietro a quando ho cominciato, quando il sensei mi diceva di fare questo e quello, oggi direi: “Si sensei” e andrei avanti insieme a lui. Perché no? Naturalmente non sono perfetta ed a volte mi arrabbio o mi intristisco per un commento sgarbato, o per una correzione che ritengo ingiustificata; a volte dimentico i miei buoni propositi e torno a vivere ancora nei miei sogni ad occhi aperti. Ed allora io mi dico che ho cominciato a chiedere a me stessa chi pensassi di essere veramente, che se qualcosa sembrava ridicolarmente assurdo o sbagliato a me così poteva sembrare anche ad altri. Noi immaginiamo di essere orgogliosi di ciò che siamo, giusto? Ma cosa è effettivamente vero?

Quel che è vero nel mio caso, e sospetto sia vero per molte altre persone è questo: Ammettere che io non sono abbastanza brava quanto vorrei essere era ed è doloroso. La volontà di evitare questo dolore mi faceva aggrappare all’idea di “Hai bisogno di essere orgogliosa di quello che sei”. In realtà è solo un modo di non guardare a chi sei davvero. Un insegnate che faccia una brusca correzione è minaccioso poiché non si accorda con i miei diritti immaginari per proteggere la mia illusione. D’altra parte, mentre io proteggo il mio orgoglio, anche una osservazione realistica esposta in maniera gentile può sembrarmi troppo rude; ma se io ho capito che l’orgoglio non è fondamentale per la mia esistenza, questa consapevolezza può rendere la mia esistenza più piacevole.

Infine, evitare tutti gli sforzi per proteggermi contro la consapevolezza di quanto imperfetta sono è stato come togliere un peso enorme sulle mie spalle. Io so che se pochi anni fa qualcuno avesse provato a convincermi di tutto ciò probabilmente non gli avrei creduto, per questo dico quanto ancora mi sorprenda quanto sia efficace questo cambio di mentalità, che consiglio a tutti di adottare.