L’estetica e la spiritualità dell’oriente trovano un singolare punto d’incontro in due vie apparentemente disgiunte: il pennello e la spada.
La prima, nota come “shodo”, è una metafora del pensiero zen: una volta che il pennello ha toccato la carta, l’inchiostro non può essere recuperato ne cancellato, ed ogni tentativo di mascherare l’incertezza sarà irrimediabilmente visibile ad opera finita.

Il calligrafo, attraverso un solo gesto, ha un’unica possibilità di comunicare il suo sentire: traccia la sua volontà sulla carta, metafora stessa della vita che come tale, ha un’unica possibilità di essere vissuta.

Parallelamente, la via della spada è l’elevazione della percezione perché le tecniche non offrono sufficientemente margine d’errore entro le quali correggere il tempo di entrata o la postura: l’atteggiamento non sarà quello di riprovare la tecnica, ma di rifarla guardando dentro di se cosa ne impedisce il fluire.

Giusto profilo, distanza, tempo d’entrata e atteggiamento mentale sono i principi che impone la spada volti non a contrastare l’attacco, ma a inserirsi nel vuoto che esso genera, per elevare il proprio tiro al concetto più alto della scherma, l’ “otonashi-no-ken”, la spada che non fa rumore.

Secondo Tesshu, maestro calligrafo dell’Ottocento, spadaccino fondatore della scuola Muto ryu, “scuola senza spada” (al di fuori della mente, non vi è spada), la spada e il pennello sono arti in bilico tra “l’assoluto e il relativo”, dove solo il cuore e la spiritualità che guidano il movimento sono il vero obiettivo da ricercare; “particolare” e “universale” sono i due aspetti della pratica che riflettono rispettivamente la tecnica e la mente: solo la loro comunione può creare il sublime.

La ricerca della perfezione del gesto, compiuta attraverso un lungo cammino di ricerca dell’attimo, è motivo di crescita interiore dove ogni segno, tracciato con la spada o con il pennello, diventa punto d’incontro con la bellezza.

O-Sensei Ueshiba insegnava che “ogni cosa possiede una voce per chi voglia intenderne il linguaggio” e queste vie dimostrano come la sacralità di un gesto, rappresenti l’istante irripetibile nel quale vivere la propria vita, in un incontro armonico e conflittuale con le proprie paure, dove la realtà si riduce ad un singolo incontro di perfetta purezza.

“Ken fude ittai”: la spada e il pennello sono un’unica entità.