(Traduzione ed adattamento di “Aikido as a spiritual practice” di Peter Boylan)

Per molti praticanti di arti marziali giapponesi, il Budo è visto come una forma di pratica spirituale. L’idea che il Budo sia una forma di shugyo (esercizio ascetico) è abbastanza comune, e diversi libri e numerosi articoli di riviste pubblicati ogni anno spiegano come la pratica di diverse tipologie di Budo può migliorare il praticante come persona o portarlo vicino alla illuminazione. Se questo è vero per ogni tipo di Budo, dal Karate-do allo Iai-do, l’idea è però quasi opprimente all’interno delle comunità di Aikido.

Il fondatore dell’Aikido, Uehiba Morihei, in molti suoi scritti considerava i principi dell’Aikido alla stregua di quelli spirituali o religiosi. Per Ueshiba, la pratica dell’Aikido era una estensione della sua pratica religiosa quale membro devoto della Omoto-kyo, una setta fondata nel 1890 da Nao Deguchi.

Egli scrisse molti poemi didattici, descrivendo l’Aikido come pratica spirituale, incluso i due estratti dalla antologia “L’essenza dell’Aikido” e di seguito riportati: “Tecniche di purificazione insegnate da futomani e Dei. Aikido fu creato dalla Forza Divina.” “Cura e coltiva lo spirito guerriero servendo il mondo; illumina il Sentiero secondo il Divino Volere.”

Da queste due citazioni è abbastanza chiaro che Ueshiba vedeva l’Aikido come una attività religiosa, fondata dai Kami (Divinità dello shintoismo giapponese). Nel primo poema Ueshiba parla di “Tecniche di purificazione”; il termine “misogi” è caricato di un bagaglio culturale che non si rileva da una definizione di dizionario o leggendo una traduzione. Specificatamente, misogi indica le pratiche per diventare spiritualmente puri, in modo tale da potersi avvicinare ai kami (una delle caratteristiche di queste divinità è di essere spiritualmente puri, ed è l’impurità spirituale della umanità che la allontana da loro). Nell’ambito della religione giapponese, la purificazione è perseguita con diverse modalità, dal camminare sul fuoco al sostare sotto cascate d’acqua gelata cantando sutra buddisti.

La “maratona del 1000 giorni” affrontata dai monaci di Hieizan è prima di tutto un esercizio di purificazione e sicuramente, quei pochi che terminano i 1000 giorni sono visti da molti persone divenute spiritualmente pure, rivelate da questa sorta di ordalia come “kami viventi”. Considerando i poemi prima citati, il leggere cosa Ueshiba scriveva a proposito del misogi è significativo: “In breve, misogi è lavare via tutte le contaminazioni, una rimozione di tutti gli ostacoli, una separazione dal disordine, una astensione dai pensieri negativi, un radioso stato di disadorna purezza, il compimento di tutte le cose, una condizione di elevata virtù, un ambiente senza macchia. Nel misogi uno ritorna al vero inizio, quando non c’era differenza tra sé stesso e l’universo”.

Per Ueshiba, l’Aikido era sia un arte marziale che una forma di intensa pratica religiosa per lo sviluppo spirituale. Ueshiba era parte di una cultura in cui questi argomenti non erano una novità ma erano, comunque, molto, molto inusuali. Nonostante Takuan Soho avesse fatto dei notevoli sforzi per trasformare l’abilità nell’uso della spada in un esercizio spirituale, descritto nel Fudodhi Myouryoukui, non c’è prova che questo concetto si fosse diffuso in Giappone ed ancora oggi, per la maggior parte dei giapponesi questa è una insolita, per quanto non impossibile, idea. Così c’è da chiedersi come abbia fatto l’idea del Budo come pratica spirituale a diffondersi in Occidente? Al concetto si può risalire attraverso una delle sue fonti principali, ovvero “Zen e Cultura giapponese” di D.T. Suzuki, in cui per la prima volta queste due idee furono collegate tra loro ad uso di un pubblico occidentale, e che rimane la principale fonte di questo concetto al di fuori del Giappone, ad esclusione degli scritti di Ueshiba e di molti praticanti della sua arte.

Ma l’arte che questi praticano è spirituale? Questa sembra essere una credenza diffusa tra molti praticanti di Aikido occidentali, convinti che il solo praticare Aikido comporti una crescita spirituale o, perlomeno, porti a diventare persone migliori, convinzione probabilmente originata dalla lettura degli scritti di Ueshiba al di fuori del loro contesto originario. Ueshiba praticava non solo Aikido, ma anche esercizi spirituali quotidiani. In Giappone, quasi ogni attività può essere vista come una forma di pratica ascetica, se praticata con questo intento. In questo modo, non solo le arti marziali, ma anche la disposizione dei fiori, la calligrafia ed il fare il tè può diventare una pratica spirituale, ma solo se sono praticate avendo come obbiettivo questa idea. La maggior parte degli artisti marziali non praticano cercando ogni volta di perfezionare sé stessi; ci sono infatti un mucchio di ragioni fornite dai praticanti per la loro pratica costante, tra le quali una delle più frequenti è essere parte di un gruppo sociale.

Ma nei gruppi di aikidoka anche gli aspetti di sviluppo spirituale e personale sono dei fattori motivazionali molto forti per i membri, come dimostrato dai risultati di una ricerca che vedeva i due terzi degli interpellati perseguire questi obbiettivi e considerando la propria pratica di Aikido come una forma di pratica spirituale o religiosa in grado di aiutarli nello sviluppo come esseri umani. Prendendo atto della ampia percentuale di persone che vede l’Aikido sotto questo aspetto, la prossima domanda è: l’Aikido è realmente un mezzo utile a coloro che intendono sviluppare sé stessi? La questione non è stata ancora approfondita, ma io penso che la risposta sia si. Quello che è attualmente studiato e praticato in ogni budo sono tecniche, tattiche e strategie di combattimento. In Aikido queste sono tecniche come blocchi articolari e proiezioni d’anca, tattiche come irimi e tenkan, e strategie come armonizzazione e unione con l’avversario.

Si tratta di efficaci elementi per il combattimento e di modi in cui vengono studiati nella pratica del dojo, quindi, come possono stimolare lo sviluppo personale e/o spirituale? Se questi elementi vengono praticati solo nel dojo, non possono. Le persone sono spesso meravigliate quando un artista marziale di alto grado mostra qualche fobia come ognuno di noi; dimentichiamo quanto spesso altre persone che dovrebbero essere specialiste nello sviluppo personale e spirituale (preti, dottori, psicologi, monaci e insegnanti) non riescono a raggiungere i loro obbiettivi di miglioramento personale e si trovano coinvolti in faccende illegali o immorali.

Quando questi eventi accadono alle “persone comuni”, pur deplorandoli, li accettiamo come debolezze umane; ci aspettiamo però dai nostri istruttori marziali di essere “più perfetti” di quanto lo siamo noi, non solo come artisti marziali, ma anche come esseri umani in generale, e così tutti noi rimaniamo spesso inebetiti quando uno yudansha o un insegnante mostra una umana debolezza a noi familiare. Quanto è realistico aspettarsi da un artista marziale, anche se ha praticato per decenni, di essere al di sopra delle nostre umane debolezze? Realmente non saprei; non c’è nessun tipo di programma organizzato per insegnare lo sviluppo personale e spirituale all’interno del curriculum di una qualsiasi arte marziale, neppure in quelle che hanno una grande reputazione in merito, come Tai Chi Chuan e Aikido. La modalità di pratica delle arti marziali è strutturata in funzione dello sviluppo tecnico, non spirituale.

Praticare per vent’anni nikkyo farà di te un ottimo esecutore di nikkyo, ma non ti farà diventare necessariamente una persona migliore. Ciò non vuol dire le lezioni di Aikido, e di budo in generale, non siano ampiamente applicabili nella vita quotidiana, ma solo che senza una consapevole applicazione da parte di ognuno per fare di queste lezioni una parte della propria vita fuori da dojo, ciò non accade.

Personalmente ho notato che la maggior parte delle persone non fa questo sforzo, anche se hanno studiato e praticato per decenni, ed è quindi insolito che qualcuno si sforzi di applicare queste lezioni alla propria vita. La razione di ciò è probabilmente abbastanza semplice: è molto più facile essere criticati per una tecnica che hai eseguito piuttosto che per la vita che stai vivendo. Applicare la lezione della tua arte alla tua vita è ben più difficile che imparare l’arte; come puoi essere critico sulle tue tecniche e comprensione dell’Aikido ogni giorno che pratichi, così dovresti essere pronto a criticare te stesso, le tue reazioni e perfino i tuoi valori, se vuoi davvero crescere e progredire come persona.

Questo è assai più difficile che criticare il tuo ikkyo, significa fondamentalmente accettare che non siamo tanto buoni quanto dovremmo essere. Considerando quanto tempo spendo razionalizzando le mie azioni, dover guardare fisso me stesso, le mie azioni e le mie motivazioni i miei atti senza il conforto di una qualche razionalizzazione è davvero una prospettiva grama. Tutto questo comporta frequenti correzioni, a volte da parte di persone che vorrei pensassero fossi migliore, piuttosto che io stia peggiorando. E’ la stessa cosa per ciascuno, che sia un grande maestro di budo, un rinomato chef, o una persona comune che tira a campare. L’evoluzione spirituale non è una strada facile, persino per coloro, come monaci e preti, che ne hanno fatto la loro vita e che vedono tanti di loro cadere in fallo; è molto più difficile per coloro che vivono una vita regolare. Ed ho il sospetto che essere un compiuto artista marziale renda tutto ciò più difficile, invece di agevolarlo, perché quando sei bravo in qualcosa, provi un sacco di orgoglio nel farlo, e la gente si complimenta per la tua abilità, ed è più facile porre attenzione a ciò per cui la gente ti fa i complimenti piuttosto che guardare quelle zone della tua vita in cui sei carente e rischi di incappare in una rovinosa caduta.

Se le arti marziali in generale, e l’Aikido in particolare, possono essere mezzi per l’evoluzione personale e spirituale, allora dobbiamo lavorare tanto intensamente per eliminare le nostre debolezze come persone, quanto pratichiamo per eliminare le nostre debolezze nelle tecniche.