Pubblichiamo un interessante analisi del M° Angelo Carlino, già pubblicata sulla pagina social del TenShinAikidoRyu (clicca QUI per consultarla). Ringraziamo il M° Carlino per la sua gentile concessione e per l’acuta disanima di un argomento che non mancherà di suggerire agli attenti lettori numerosi spunti di riflessione e approfondimento (NdR)

Se si chiedesse a un praticante qualunque, il motivo per cui si sia avvicinato all’attività marziale, le risposte potrebbero essere molteplici: da finalità atte alla difesa, sino al raggiungimento di una più alta forma di attitudine psicofisica. Finalità che però cambiano rispetto a diversi fattori quali: età, sesso, attitudini caratteriali, culturali e predisposizione verso il genere.

Il quadro che si prospetta è variegato; infinite possibilità e interlacciamento dei fattori che inducono una persona a scegliere una disciplina marziale, conseguentemente diverse risposte possibili.

L’Aikido deriva dal Daito Ryu Aiki Jujutsu, come risaputo; ma mentre nella sua forma Jutsu ha finalità prossime alla “distruzione” dell’avversario, nel suo sviluppo Do, prevede la “distruzione” di sé stessi.

Il paradosso quindi consiste nel praticare un’arte marziali che ha finalità di autodistruzione?! Direi di sì!

Una delle motivazioni invece che si tende a celare e che si tende a tralasciare e non citare è quella dell’insicurezza. Motivazione che può essere più o meno consapevole e con un’ambiente sano, progressivamente allontanata. Fattore che, come accennato, non dipendono solo dal praticante ma anche dai contesti in cui si pratica o dal come si pratica.

L’acquisizione di informazioni e la pratica costante che rende in destrezza e risultati, dona al praticante una forma di sicurezza in sé stesso e nei propri mezzi: capacità che però tendono ad alimentare e nutrire un IO che è in antitesi con i dettami di cui si legge molto e che i grandi maestri saggiamente auspicavano e auspicano ogni praticante ambisse e trovasse.

L’iperinformazione di contro crea una fucina di praticanti colti, che velocemente arriva a risultati cognitivi, che ha vissuto processi attraverso esperienze altrui e che tende a far proprie. Esperienze virtuali che ottenebrano il fine come qualunque pratica non ben eseguita e sviluppata su più fronti con imparzialità e giocosa severità analitica.

Non si tratta di essere “convinti” o in qualche modo fittiziamente “umili”, si dovrebbe essere obiettivi, sinceri con sé stessi e consapevoli dei reali risultati ottenuti che orientano sulla continua ricerca:” tendenti alla perfezione, con la pretesa di non ottenerla”.

Si definiscono sommariamente quindi, due profili: uno di un praticante “tutto muscoli e tecniche”; l’altro di un praticante “teorico-conoscitore ma che non ha vissuto la pratica con ugual determinazione”.

L’equilibrio

Aikido, Daito ryu Aiki Ju Jutsu in entrambe risuona e risaltano le parole( kanji) Ai KI.

Le discipline parlano chiaro, riassumendo con questi concetti cosa deve fare un praticante “sicuro o insicuro” che sia.

Bisogna conoscere il Jutsu per poi evolversi.

La differenza consiste però, nel COME ed ecco che la parola Ai ha il suo .

Un praticante dovrebbe formarsi di certo tramite gli strumenti forniti dal Jutsu, ma avendo coscienza di non ricercarne la sola composizione esecutiva sin da subito. L’ideale secondo la mia esperienza è tenere conto della generazione dei principi che costituiscono il movimento ed, man mano che il livello avanza,” dimenticarsi della tecnica”; generando e processando la forma stessa con i principi (Takemuso Aiki) che la determinano.

Efficacia ed Efficienza riassumendo in sintesi i concetti. Efficacia per acquisizione di Efficienza negli intenti intrinsechi che la disciplina detta e identifica attraverso un ulteriore kanji il DO.

Il DO, che ha un ulteriore significato rispetto al “VIA” di apprendimento, da percorrere; il DO che equivale a TAO.

Non scriverò di cosa e quali principi ricercare e coltivare, perché credo che questo spetti sempre alla responsabilità del Maestro a cui ci si affida. Ben consapevole, però, che questa visione non sia molto diffusa.

Irta di insidie e di continua autocritica e autoanalisi, richiede un continuo funambolismo tra la forza e la determinazione che il Jutsu restituisce e l’elasticità mentale che la formazione conoscitiva dona.

L’Aikidoka fondamentalmente è un’ Aiki Jutsuka che ha saputo raggiungere un’evoluzione marziale che va oltre il limite della praticità tecnica mirata alla devastazione altrui, proiettandolo su piani di capacità introspettiva che ne modificano gli strumenti, rendendoli più fini, potenti, coscienti e potenti. Condizione che favorisce non solo condizioni di virtuosità marziali ma anche virtù che invece tendono ad annullare l’IO negativo racchiuso in ogni personalità.