Questo principio definisce l’accresciuta attenzione interna e la concentrazione indirizzata al presente (Zanshin) di un esperto di arti marziali a livello avanzato, qualità resa possibile grazie alla giusta esercitazione.

Con un allenamento indefesso un Maestro può mettersi in condizione di riconoscere cose e situazioni per la cui percezione talvolta non basta neanche l’attenzione di uno spirito allenato (Yomi). Sebbene sulla scorta di tale sensibilità accresciuta ci si trovi di fronte ad ancor più stimoli sensoriali, si è in grado di distinguere l’essenziale dall’inessenziale in poche frazioni di secondo (Kufu). Tale particolare capacità di concentrazione dello spirito va plasmata con l’esercizio e può accrescersi all’infinito grazie ad una sempre maggiore consapevolezza.
La capacità di “vedere l’invisibile” e di “udire ciò che non si può udire” non è qualcosa di sovrannaturale, bensì è una meta agibile dagli esercizi del Budo. La prima condizione per tale meta è il raggiungimento di un grado di concentrazione abbastanza buono nelle azioni della quotidianità. Quando le persone dicono di essere costantemente perseguitate dalla sfortuna, significa che non hanno raggiunto il pre-stadio di questa consapevolezza.

Forse la ragione della loro sfortuna sta in un atteggiamento assonnato ed assente, per il quale ad esser risulta impossibile individuare i segni del proprio ambiente ed interpretarli correttamente. Una tale cosa può essere corretta solo attraverso l’esercizio, se ci si rende conto che c‘è la possibilità di autoguidarsi e controllarsi. La facoltà in tal senso può essere affinata vita natural durante.

Il saggio si adatta alle circostanze.
Egli ricerca la soluzione positiva ed evita i conflitti spiacevoli.
(Tsao Hsue Kin)

(Tratto da “Budo – la Via spirituale delle Arti marziali” di W. Lind)