Ancora troppo spesso, si sente affermare da praticanti di discipline marziali – che paiono più maldestri imbonitori che seri studenti – la superiorità di una Scuola su tutte le altre o l’invincibilità di uno Stile rispetto ai concorrenti.

“En to Pan”, direbbero i filosofi greci, ovvero “Tutto e Uno” e questo principio metafisico lo possiamo tranquillamente applicare anche a quanto apprendiamo sul tatami, sul parquet, in pedana, sul ring. Il corpo è uno ed è sostanzialmente sempre uguale a sé stesso da migliaia di anni e in ogni parte del mondo. Certo, alcune differenze antropometriche ci sono ed un Watusso è diverso da un Inuit, ma questo ha a che fare all’adattamento ambientale, che rende una “macchina” generica come il corpo umano più efficace ed efficiente nel suo operare in zone specifiche. E’ come se – parlando di meccanica – confrontassimo un Rover spaziale ed una berlina fuoriserie; sono apparentemente diverse, ma in fondo entrambe hanno un motore, delle ruote, un sistema direzionale, ed è ovvio che se devo viaggiare da Taranto a Milano sarà meglio utilizzare una Lamborghini Diablo che però sarebbe a mal partito tra i crateri lunari del Mare della Tranquillità, dove invece un LRV poteva superare pendenze del trenta per cento e a saltare scarpate larghe fino a settanta centimetri, non superando però la velocità di 5 km/h.

Così, se Shakespeare nel suo “Romeo e Giulietta” ci ricorda che: “Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?”, noi potremmo tranquillamente affermare che un pugno diretto fa altrettanto male se lo chiamiamo choku tsuki in giapponese, pao quan in cinese o con qualsiasi altro nome in un’altra lingua del mondo. Ovviamente vi sono differenze stilistiche, altre dettate da usanze quotidiane o culturali (un popolo di pescatori avrà sviluppato applicazioni diverse da quelle di una società contadina stanziale o di un’altra dedita alla pastorizia errante), ma la sostanza rimane fondamentalmente la stessa.

Ecco allora, che al prossimo autoproclamato detentore degli Unici e Veri Segreti dell’Unica Invincibile Arte Marziale dell’Universo (con tutte le iniziali maiuscole, ovviamente…) basterà mostrare qualche vaso della Grecia classica o qualche statua dell’Antica Roma: osserviamo la immagine che correda questo articolo: dove il marzialista occidentale vede una tecnica di grappling o di Pancrazio, l’Aikidoka individuerà un sankyo omote nel più puro Iwama style, e lo jutsuka con gli occhi a mandorla che ha dimestichezza i suoi shihonage, udekimeosae o seoinage non mancherà di trovare le stesse tecniche – tal quali – nel “Flos Duellatorum”, un manuale di lotta e scherma scritto a Ferrara nel 1409 dal Magister Fiore dei Liberi da Premariacco, di cui di seguito riportiamo qualche immagine esemplificativa.