Negli articoli che abbiamo pubblicato nelle scorse settimane, abbiamo più volte evidenziato come la traduzione letterale degli ideogrammi del nome delle forme differisse più o meno notevolmente dal nome con cui queste sono conosciute in Occidente.

Non è questo il caso di “Ago in fondo al mare”, che è esattamente la traduzione dei quattro ideogrammi del nome cinese “Hǎidǐ zhēn” (海底: Hǎidǐ – fondo del mare; 针 zhēn – ago), anche se in questo nome – apparente semplice – sono racchiuse numerose particolarità che proveremo a raccontare in questo articolo.

L’esecuzione della forma

Nella sua esecuzione classica, questa forma si esegue abbassando il bacino, flettendo le ginocchia e mantenendo il busto eretto, poggiando il palmo di una mano sul polso dell’altra e puntando le dita della mano aperta in diagonale verso il basso.

Prima di abbassare il bacino, si esegue una torsione del corpo di circa 45° rispetto alla linea centrale, di effettua un ampio movimento con il braccio, indicato come “Carezzare il Cielo”, si porta il peso principalmente sul piede avanzato e riprendendo la posizione detta “La Gru che becca” presente nella pratica del Tom-ma, con in piede avanzato che schiaccia in basso e quello arretrato che spinge verso l’alto, mentre lo sguardo è orientato in basso, nella direzione indicata dalle dita stese.

Nella esecuzione della forma 88 del Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu, questa forma solitamente segue l’esecuzione di “Carezzare il ginocchio” e precede “Aprire il ventaglio” e – come è facile immaginare – vista la dinamica con cui si esegue questa forma, il primo effetto è quello di lavorare sulla postura e sull’equilibrio.

Gli effetti sul benessere

Come abbiamo detto più volte, la pratica delle 37 forme di base del Tai Chi Chuan persegue gli obbiettivi di migliorare il benessere di chi le esegue (aspetto Wen) e addestrarlo nelle applicazioni di autodifesa (aspetto Wu).

Per quanto riguarda l’aspetto legato al benessere, l’esecuzione di questa forma aumenta la forza muscolare, stimola la colonna vertebrale, prepara il movimento “a frusta” e migliora la elasticità di tutto il corpo e delle gambe in particolare.

Notiamo inoltre che nella esecuzione del movimento lo sguardo è orientato in basso, nella direzione indicata dalle dita stese, stimolando l’Intenzione ed andando ad agire sul Fegato, organo in relazione con gli occhi.

Ed è proprio al Fegato che questa forma è strettamente legata, infatti – come anche vedremo quando analizzeremo l’aspetto marziale di questa pratica, l’esecuzione di “Ago in fondo al mare”, attraverso la flessione della pianta del piede arretrato quando si abbassa il bacino, va a stimolare l’agopunto Fegato 3 (Taichong – Grande assalto) che, per la sua importanza, tradizionalmente poteva essere trattato solamente con un ago d’oro.

Questo punto è situato sul collo del piede, in un incavo alla giunzione tra il primo e il secondo metatarso, e nella analogia tra mano e piede corrisponde a LI4 (Hegu – fondo della valle) sul dorso della mano, tra il primo e il secondo metacarpo, a livello del punto mediano del secondo metacarpo.

Tradizionalmente si ritiene che LV3 sia particolarmente efficace sulla Loggia Legno, agendo sul Fegato e con effetti benefici sulla vista e nel trattamento di disturbi oculari. Tra gli altri effetti sul benessere, il trattamento di LV3 ha un efficace risultato distensivo, agendo su persone stressate ed agitate e contrastando gli effetti fisici ed emotivi delle tensioni quotidiane. Il punto è anche impiegato per contrastare malesseri a livello digestivo, soprattutto se legati a preoccupazioni e disturbi emotivi (ricordiamo la sua corrispondenza con LI4, sul meridiano dell’Intestino crasso).

Le applicazioni marziali

Nella esecuzione marziale, “Ago in fondo al mare” è una tecnica di Qinna che prevede l’esecuzione di una leva articolare su una presa al polso. Si tratta di una tecnica di difesa particolarmente efficace perché – se correttamente eseguita – genera un dolore intenso ed immediato senza bisogno di grande forza muscolare, particolare che la rende particolarmente indicata per soggetti fisicamente meno dotati. Proprio per queste sue caratteristiche, è compresa nel curriculum tecnico di moltissime Arti marziali, ad esempio con il nome di “Nikyo” in Aikido o di “Shuto zume” nel Daito Ryu Aikibudo.

Se applicata in maniera adeguata, l’abbassare il corpo mantenendo una postura rilassata permette di applicare sulla ridotta superficie della presa al polso l’effetto della forza di gravità generato dalla massa del nostro intero corpo, con effetti potenzialmente devastanti, costringendo il nostro avversario ad inginocchiarsi per alleviare la pressione applicata sulla sua articolazione.

Nello specifico, “Ago in fondo al mare” genera una compressione nervosa, l’allungamento capsulare articolare, l’affaticamento del tendine / muscolo e può causare anche la parziale rottura dei legamenti. Studi condotti sui polsi di cadaveri hanno evidenziato che questa tecnica comprime con forza l’osso pisiforme contro l’ulna, due ossa che normalmente non si articolano; il dolore intenso così prodotto è il risultato della stimolazione dei nervi periosteali in queste superfici ossee.

Qualche curiosità

Capita spesso che mondi che crediamo lontani abbiano poi, a ben guardare, più di qualche punto in comune, condividendo usanze e credenze.

Così, mentre noi usiamo il detto “Cercare un ago in un pagliaio” per indicare una impresa quasi impossibile, in Oriente hanno “nǚrén xīn, hǎidǐ zhēn” (女人= donna; 心 =cuore/mente; ,海 = fondo del mare; 底針 = ago) che può tradursi letteralmente come: “Il cuore di una donna (è come) un ago in fondo al mare”, per esprimere la difficoltà di capire cosa pensa davvero una donna e quali siano le sue emozioni più profonde.

Ma il nome di questa forma richiama anche una leggenda della mitologia cinese, che vede protagonista Sun Wukong, il re Scimmia che abbiamo conosciuto qualche settimana fa. Ne “Il viaggio in Occidente”, classico della letteratura cinese del XVI° secolo, si racconta che il re Drago Ao Guang custodiva nei magazzini del suo palazzo in fondo all’oceano uno degli aghi che il grande Yu aveva usato per fissare il fondo del Yangzi, il “Fiume Giallo” e del mare, in modo da regolare il flusso delle acque ed evitare le inondazioni.

Si trattava di una sbarra di metallo lunga quasi sette metri e pesante dieci tonnellate che il Re Scimmia chiese di provare per verificare se avrebbe potuto usarla come una lancia, vincendo le perplessità del Re Drago. Non appena Sun Wukong disse che avrebbe trovato più comoda un’arma più leggera e più corta, la sbarra di ferro si adattò alla richiesta, permettendo al Re Scimmia di scoprire sulla superficie due fasce d’oro con la scritta: “Come il tuo desiderio”. Sun Wukong prese con sé l’arma che era stata per anni sul fondo del mare e che prima di lui nessuno era riuscito neppure a smuovere; lo Scimmiotto era l’unico che riusciva a spostarla ed a cui questa ubbidiva: se lui diceva “Più grande!”, la sbarra aumentava le sue dimensioni, se lui diceva “Più piccola!” invece le diminuiva sino a quelle di un ago che Sun Wukong poteva poggiare dietro il suo orecchio.

Provando a cogliere anche qualche significato simbolico, possiamo vedere nel mare il nostro inconscio e le nostre emozioni, e nella ricerca dell’ago la nostra ricerca di un senso e di un loro significato, che ci richiede la necessaria attenzione e la capacità di vedere, non solo con gli occhi fisici. Da sempre, nella storia dell’uomo, tanto in Oriente quanto in Occidente, sul fondo del mare sono nascosti tesori preziosi e terribili pericoli, sta al cercatore attento e consapevole, scoprire i primi evitando i secondi, agendo con attenzione, calma e consapevolezza, come la pratica delle nostre discipline ci insegna.