(Traduzione e adattamento dell’articolo disponibile online in http://www.e-budokai.com/hibuki/yawara.htm)

Molte delle Arti marziali classiche giapponesi che impiegano armi sono state originate da niente di più che dall’adattamento alle necessità di combattimento di tecniche ed attrezzi di uso comune da parte dei contadini durante l’era feudale.

Essendo proibito per legge ai cittadini il portare spade come i samurai, questi adottarono frequentemente armi alternative per la loro difesa personale. Questo spesso includeva l’uso creativo di oggetti comuni che potevano essere impugnati. Questi erano spesso chiamati “mijikimono”, che letteralmente può tradursi come “oggetto piccolo, disponibile, pronto all’uso”. Pipe da tabacco, coperchi di recipienti e perfino spilloni decorativi per capelli erano usati per scopi di autodifesa. Le scuole di jujutsu spesso compresero nel loro curriculum l’impiego di armi facilmente facilmente celabili nell’abbigliamento, chiamate “hibuki”, termine che può essere tradotto come “arma segreta” o “arma nascosta”; una tra le più popolari fu sicuramente lo “yawara-bo”, a volte indicato semplicemente come yawara.

Il kanji “yawara” significa “flessibilità” oppure “allontanare”; lo stesso kanji si può pronunciare come “ju” nei termini come “judo” o “ju-jutsu” mentre “bo”, il secondo kanji, significa semplicemente “bastone”.

Lo yawara-bo era anche frequentemente chiamato “tenouchi”, che letteralmente significa “dentro la mano”. Molte Scuole di ju-jutsu insegnavano tecniche sia difensive che offensive usando lo yawara-bo sia come arma primaria che come ausilio per proiettare o bloccare un soggetto. A differenza di molte altre armi impiegate nelle arti marziali classiche, lo yawara-bo ha superato la prova del tempo ed è un’arma versatile ed efficace oggi come lo era secoli fa.

Lo yawara-bo è essenzialmente una barra di legno impugnata con la mano e percossa contro le terminazioni nervose della vittima o punti specifici del corpo chiamati “kyusho” (punti vitali) oppure usata per parare o bloccare i colpi avversari. La lunghezza andava dai 15 ai 20 cm e la forma era spesso modellata in modo da migliorare l’impugnatura ed aumentare la presa delle dita. Lo yawara-bo è tipicamente impugnato in ciascuna mano, leggermente sporgente da ciascuna estremità del pugno. Lo yawara-bo era principalmente usato per le “uchi waza” (tecniche di percussione) per enfatizzare l’effetto della mano nuda, con le estremità sporgenti che concentrano la forza di un colpo su un singolo punto per effettuare dolorose pressioni su punti sensibili o tessuti molli, ma era anche molto efficace per le “uke waza” (tecniche di bloccaggio).

Il contemporaneo effetto di bloccaggio e percussione operato sui muscoli del braccio può immobilizzare l’arto, rompere la presa avversaria o costringerlo ad aprire l’impugnatura di una eventuale arma. Bicipiti, tricipiti, l’arteria brachiale all’interno del bicipite e le zone interne e inferiori dell’avambraccio sono bersagli particolarmente efficaci da colpire ed un colpo penetrante su qualunque area del corpo generalmente scoraggia la maggior parte degli aggressori, anche perché un colpo energico e ben piazzato può facilmente rompere un osso.

Lo yawara-bo è anche molto efficace nelle “tsuki waza” (tecniche di colpo diretto): un attacco di calcio può cessare immediatamente colpendo percuotere la gamba dell’aggressore, con cosce, stinchi e polpacci quali potenziali bersagli. Colpire l’arteria femorale sulla coscia vicino l’inguine può far collassare una gamba molto rapidamente, colpire i muscoli può causare profonde contusioni e temporanee disabilità dell’arto.

Percuotere la parte frontale o posteriore del busto con una energica azione su sterno, costole o reni può arrestare la maggior parte degli attacchi e danneggiare anche seriamente gli organi interni; altri bersagli potenzialmente letali quali occhi, tempie, trachea e la base del cranio sono punti facilmente raggiungibili e altamente efficaci.

In aggiunta alle tecniche di percussione lo yawara-bo è anche efficace per condurre azioni di controllo e arresto contro persone riluttanti, causando dolore più o meno intenso e persistente agendo su punti specifici con una pressione che può essere mantenuta sin quando necessario. Quanto sopra rende lo yawara-bo un oggetto molto efficace in cui obbiettivo principale è ottenere la sottomissione di un soggetto piuttosto che infliggerli danni fisici permanenti. La semplice pressione con lo yawara-bo sul nervo mastoide situato in una cavità dietro l’orecchio, alla base del naso oppure nella fossetta giugulare alla base della trachea è un modo rapido per controllare un avversario.

Altre aree sensibili possono essere i lobi delle orecchie, lo sterno, le narici, raggiungibili sia dal fronte che dalle spalle del soggetto; premere con un lato o una estremità dello yawara-bo questi punti di passaggio dei nervi è spesso una utile tecnica accessoria per bloccare un soggetto recalcitante.

Una applicazione da non sottovalutare è anche quella nelle “osae waza” (tecniche di bloccaggio) o nelle “kansetsu waza” (tecniche di leva articolare) in cui polsi, braccia e gambe anche di avversari imponenti possono essere facilmente bloccate e controllate usando il dolore causato da una leva articolare applicata con lo yawara-bo sugli arti avversari. In aggiunta lo yawara-bo può essere impiegato per stingere insieme il radio e l’ulna (ossa del polso) o una o più dita della mano con il pollice. Premere un punto sul dorso della mano di un avversario consente di ottenere un buon risultato, così come il bloccaggio dell’anca o della coscia consente un efficace controllo a terra.

Allo stesso modo inoltre, lo yawara-bo può essere usato per amplificare l’effetto delle “shime waza” (tecniche di soffocamento) grazie alla rigidezza del legno, che aumenta l’effetto della pressione manuale. Infine, lo yawara-bo può essere usato sugli arti avversari per applicare una “nage waza” (tecnica di proiezione); afferrare un arto o una parte del corpo dell’avversario con la parte sporgente dal pugno come se fosse un gancio consente di ottenerne il controllo e lo squilibrio necessari prima di effettuare la proiezione.

Un attacco avversario può essere deviato agganciando e controllando il polso e alla stessa maniera un aggressore può essere sbilanciato agganciandogli il collo e forzando la sua testa nella direzione voluta, in maniera da poter poi agevolmente concludere l’azione di controllo o proiezione.