Edizione: 2006,
126 pagine, brossura
Traduttore: Origlia L.
Editore: Feltrinelli (collana Universale economica)

Yukio Mishima era convinto che la verità può essere raggiunta solo attraverso un processo intuitivo in cui pensiero e azione si trovano uniti.

Questa filosofia di vita gli derivava dal pensiero di Wang Yang Ming (1475-1529) e dall’etica dei samurai che a esso si ispirava. L’ideologia dei guerrieri antichi era, per Mishima, l’essenza stessa della giapponesità, della sua natura più vera. Alla fine degli anni sessanta, egli risolse o credette di risolvere i dilemmi esistenziali, che aveva rappresentato nei suoi romanzi, con una scelta para-militare: contrapponendo il linguaggio della carne al linguaggio delle parole.

In questo volume vengono raccolti cinque testi che testimoniano questa scelta: “Lezioni spirituali per giovani samurai” (1968-1969); “L’associazione degli scudi” (1968); “Introduzione alla filosofia della azione” (1969-1970); “I miei ultimi venticinque anni” (1970); e il “Proclama” che Mishima lesse il 25 novembre 1970, pochi istanti prima di suicidarsi. E’ bene dire che – ovviamente – non tutto il pensiero di Mishima è condivisibile, e basta per rendersene conto scorrere anche i soli titoli dei brevi capitoli di cui si compone la sua opera. Ma l’esaltazione gloriosa di Mishima, pagata fino in fondo con una tragica morte, è di gran lunga più apprezzabile, ed in molti sensi più pura, della ipocrita società che scatenò in lui la rivolta.

L’opera raccoglie quindi alcuni testi di propaganda preparati per il gruppo paramilitare organizzato e guidato da Mishima (l’Associazione degli Scudi) ed il proclama che lesse immediatamente prima di compiere seppuku; per chi pratica arti marziali osservando il primato della disciplina sulla tecnica (cosa rara in Italia) o per chi è semplicemente affascinato dalla cultura nipponica, “Lezioni spirituali per giovani Samurai” rappresenta una foto sul Giappone scattata da una finestra dalla quale noi occidentali (e forse neanche alcuni giapponesi ) non ci affacciamo troppo spesso.

Opinioni che lasciano pensare, affascinanti, a volte poco condivisibili, misoginia pura in alcuni punti. Un altro punto di vista, semplicemente un altro punto di vista.

“Un giorno parlavo di spade giapponesi con una nobildonna inglese. La signora mi domandò: “Come si combatte con quest’arma?” Allora snudai la mia spada di fronte a lei e le mostrai un fendente obliquo. La signora impallidì e fu sul punto di svenire. Compresi allora che quanto impressiona gli occidentali non è la nostra letteratura, ma le nostre spade. Per noi giapponesi il samurai è l’immagine di un antenato. Per gli occidentali è la figura di un nobile selvaggio. Compresi allora che quanto impressiona gli occidentali non è la nostra letteratura, ma le nostre spade. Per noi giapponesi il samurai è l’immagine di un antenato. Per gli occidentali è la figura di un nobile selvaggio. Dobbiamo sentirci fieri di essere dei selvaggi.”