Invitato dall’amico e Maestro Tony Giacoia, ho partecipato stamattina ad una sessione di pratica seguita da esami di passaggio di grado.

Nel tornare a casa, sfidando l’asfalto reso bollente da una temperatura abbondantemente sopra i 30°C, ho fatto due considerazioni che, pur nella loro banalità, condivido con voi.

La prima è che l’interruzione della pratica regolare, durata di fatto quasi due anni (sia pure con qualche sporadica parentesi di “normalità”) ha inciso pesantemente sulla memoria e sulla risposta atletica di tutti: principianti ed esperti, giovani e adulti, nessuno escluso. Chi più e chi meno abbiamo mostrato i deleteri effetti della “astinenza da tatami”, in parte mitigati da lezioni online, pratica domestica, buki waza ad libitum, kihon onanistici e quant’altro. L’Aikido è pratica in coppia, è relazione, è contatto, è awase. Il resto è contorno; utile, opportuno, anche necessario ma non alternativo.

La seconda considerazione (altrettanto banale, lo ripeto) è che però, nonostante (oppure, grazie a, fate voi) questi lunghi mesi di assenza, in tanti hanno voglia di tornare ad indossare il keikogi, a fare ukemi sul tatami, a scambiarsi i ruoli di uke e tori. I tanti che oggi hanno sostenuto il loro esame oggi avrebbero avuto molti e condivisibili argomenti per sottrarsi a questo appuntamento, ed invece lo hanno affrontato, consapevoli dei propri limiti e spinti – evidentemente – dal desiderio che tutto, al più presto torni “come prima”.

Ecco, fino a quando uomini e donne, ragazzi ed adulti, principianti e aspiranti yudansha nonostante il caldo, la voglia di godersi i primi bagni di mare, la imperfetta preparazione, le articolazioni arrugginite, le ukemi titubanti e la memoria che fa cilecca, avranno voglia di mettersi in gioco, allora l’Aikido avrà comunque un futuro, e questa è una bella consolazione.

Quindi grazie a tutti gli esaminandi, mi avete fatto tornare a casa contento per oggi e fiducioso sul domani.