Continuiamo ad analizzare le 37 forme che costituiscono la base del curriculum tecnico del Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu.

Questa volta la nostra attenzione va a “La Tigre abbraccia il cucciolo e ritorna alla montagna”, che già nel nome racchiude una quantità di suggestioni. Come abbiamo raccontato in precedenza, il nome delle tecniche comprese nella pratica delle discipline interne può essere a volte chiaramente in grado di descrivere il gesto tecnico da compiere – come nel caso, ad esempio, di “Accarezzare il ginocchio” – mentre altre volte si presenta tanto evocativo quanto enigmatico, impedendo di comprendere quale sia la tecnica descritta a chi non possieda la conoscenza della stessa.

Cosa ci racconta il nome della tecnica

Possiamo affermare che in questo caso ci troviamo – per certi aspetti – in entrambe le condizioni; da una parte la presenza del verbo “abbracciare” suggerisce chiaramente l’operazione da compiere, dall’altra parte c’è una azione – “la tigre che torna alla montagna” -che lascia molto spazio alla fantasia ma rende davvero difficile immaginare come vada eseguita la tecnica.

Come nei casi precedenti, partiamo da una analisi degli ideogrammi che compongono il nome originale; fatte salve le differenze che si possono trovare tra Scuole e stili diversi, generalmente questa tecnica è chiamata “bǎ lǎo hǔ huí shān” (把老虎放回山) che a volte si trova scritto anche come “fàng hǔ huí shān” (放老虎回山) che potremmo tradurre letteralmente nel primo caso come “Afferrare/aggrappare/maneggiare; tigre; tornare; montagna” e nel secondo caso come “Liberare; tigre; tornare; montagna”.

Mentre gli ultimi ideogrammi si prestano ad una interpretazione univoca, il primo può avere diverse traduzioni, che ampliano (o confondono…) il senso della frase completa ed il terzo potrebbe sembrare in contraddizione con il primo. In realtà, molto dipende dall’obbiettivo della tecnica che stiamo eseguendo e dalla intenzione del praticante: la stessa tecnica racchiude una applicazione marziale (Wu) ed una mirata al benessere (Wen), così come uno schiaffo e una carezza condividono la stessa espressione motoria, pur essendo mossi da energie ed intenzioni differenti.

Abbracciare o liberare?

Una differenza sostanziale è che nella traduzione letterale la tigre è il soggetto che viene abbracciato o afferrato, mentre nel nome con cui noi indichiamo la tecnica la tigre è il soggetto che abbraccia. Si tratta di una sfumatura interpretativa destinata a non trovare risposta nella interpretazione letterale degli ideogrammi, che sono assai laconici in casi come questo.

Proviamo a esplorare un po’ la storia di questa tecnica e scopriremo che alcune fonti, tra cui lo Hanyu Da Cidian (uno tra i più autorevoli dizionari cinesi, che riporta oltre 23.000 voci di caratteri cinesi, circa 370.000 parole e 1.500.000 citazioni) affermano che questa frase è una metafora per indicare la liberazione di un nemico, con il senso esteso di essere causa della realizzazione della sventura provocata da un rischio che non abbiamo voluto evitare.

L’origine del modo di dire sembra essere abbastanza antico e quindi ben consolidato e nelle sue diverse varianti e sfumature (immancabili, come abbiamo visto, quando si tratta di frasi ideogrammatiche) si fa risalire allo “San Guo Zhi” (Registro dei Tre Regni), un testo storico cinese che copre la storia della tarda dinastia Han orientale (ca. 184–220 d.C.) e il periodo dei Tre Regni (220–280 d.C.), il cui nucleo principale è stato scritto da Chen Shou nel terzo secolo e combina le storie più piccole di Cao Wei , Shu Han e Wu orientale in un unico testo.

La tigre del detto esprime l’idea di un pericolo e – in un testo come quello citato che parla di guerre e battaglie – incarna l’immagine di un nemico invasore. Afferrare o abbracciare la tigre (把老虎) esprime allora l’idea di catturare un nemico e renderlo inoffensivo, azione poi vanificata dalla successiva liberazione e conseguente ritorno della stessa alla montagna, ovvero nel territorio da cui si immagina provenisse (放去).

È possibile che, quando le forme di Tai Chi Chuan sono state sistematizzate, sia stato preso questo detto come ispirazione per simboleggiare il principio marziale di un abbraccio che esprime una azione di controllo (come farebbe una madre con il suo cucciolo) ed inseguimento; in altre parole, invece di liberare un nemico, permettendogli di fuggire al sicuro e probabilmente causare problemi futuri, l’obiettivo è quello di mantenere una presa di controllo e bloccaggio, ed in questo caso il “ritorno alla montagna” suggerisce che si insegue il nemico, avanzando nel suo territorio per eliminare il rischio di attacchi futuri, come vedremo più avanti quando analizzeremo questa tecnica dal punto di vista marziale.

A supporto di questa tesi, alcuni autori evidenziano il conflitto morale che potrebbe vivere chi si trovi – come nel caso di un soldato – a confrontarsi tra la tradizionale nozione confuciana di evitare lesioni al proprio corpo e l’impulso all’azione eroica da compiere per onorare una causa giusta, che si ritrova in modi di dire quali “Anche se in montagna ci sono le tigri, è mio dovere andare sulla montagna” oppure “Non puoi prendere un cucciolo senza andare nella tana della tigre”, in cui ricorre la figura del felino.

Rimanendo in tema di felini, ad arricchire il campo di analisi, un’altra tesi che potrebbe chiarire la questione (o complicarla ulteriormente) è la omofonia tra gli ideogrammi 抱 e 豹, che si leggono entrambi “bào” e si traducono rispettivamente come “Abbracciare” e Leopardo”. Ecco quindi che la tecnica che stiamo esaminando potrebbe anche essere chiamata “Leopardo e Tigre tornano alla montagna”, che esprimerebbe molto bene l’esecuzione marziale della tecnica, e trova sostegno anche nel suono quasi uguale dei termini “bǎ” e “bào” che abbiamo esaminato.

Il collegamento con lo I-Ching

Come abbiamo spiegato in un articolo precedente, il legame tra lo I-Ching e le discipline interne come Pa Kua Chang e Tai Chi Chuan è molto stretto, tanto che alcuni autori collegano la forma “La Tigre abbraccia il cucciolo e torna alla Montagna” all’esagramma 52.

Si tratta dell’esagramma “Kenn”, che nello storico testo curato da Richard Wilhelm simboleggia L’arrestarsi,la calma, la quiete, il fermarsi e la montagna. Concetti che possiamo scorgere già nei due trigrammi Ken che – uniti e sovrapposti l’uno all’altro – danno forma all’esagramma.

Ken è il trigramma della Montagna, e in quanto tale esprime appunto i concetti della stabilità, della immobilità, della calma, dello stare seduti tranquilli. La montagna inoltre simboleggia (anche fisicamente) sia la protezione dalle invasioni esterne che l’ostacolo al nostro avanzamento ed ha come organo di riferimento la mano.

Altrettanto interessanti sono i due trigrammi intrinseci all’esagramma Kenn; quello superiore è Chen, il Tuono, che simboleggia la crescita ed il movimento ed è simboleggiato visivamente dal fulmine mentre ha il piede come organo di riferimento. Il trigramma intrinseco inferiore è Kan, l’Acqua, che bagna, che nutre ma che – se in eccesso – fa marcire, è l’elemento che – come ci ricorda il Tao Te Ching – non ha forma e può assumere tutte le forme, che muta e si adatta, che penetra ovunque e non può essere bloccato a lungo da argini e dighe, rappresentando – per certi aspetti – il complemento della Montagna.

A questi aspetti, e ad altri ancora, dedicheremo la nostra attenzione analizzando la tecnica marziale e gli effetti di benessere collegati a questa forma.

Gli effetti sul benessere del praticante

Sempre nel testo curato da Wilhelm , a proposito dell’esagramma 52 leggiamo la seguente sentenza: “ Tener quieto il proprio dorso, così che egli non avverta più il corpo. Egli va nel suo cortile e non vede la sua gente. Nessuna macchia.”

Possiamo leggere in questo passaggio l’invito a rilassare la schiena per mantenerla flessibile ed in grado di sprigionare la sua potenza elastica, al pari di un felino pronto a saltare sulla preda. Nel paragrafo successivo invece, possiamo vedere una analogia nel movimento di torsione del busto e del successivo passo indietro.

Analizzando rapidamente l’esecuzione della forma così come la troviamo all’inizio della prima e della seconda parte della forma 88 del Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu, noteremo che questa parte con la azione di abbracciare incrociando gli avambracci con i polsi a contatto davanti al busto con l’idea di raccogliere e sostenere qualcosa di pesante, con l’avambraccio destro avanzato che preme verso il busto e quello sinistro arretrato che spinge verso l’esterno. Si porta il 90% del peso sul piede sinistro mentre il piede destro si avvicina al sinistro sollevando il tallone e poggiando al suolo solo la punta delle dita.

Si esegue una torsione della vita, portando la mano destra all’altezza della spalla sinistra e la mano sinistra al fianco sotto le costole piegando il braccio, con l’idea di mantenere tra le mani una grossa palla. Si effettua poi un cambio della posizione delle braccia attraverso un ampio movimento circolare per passare poi ad una torsione del busto che viene orientato alle spalle, allungando la gamba destro dietro accompagnato dal movimento di “Accarezzare il ginocchio”.

Nella esecuzione della forma lo sguardo è ampio e panoramico; in particolare, quando le mani sono sul fianco prima della torsione del busto, si osserva tanto la punta delle dita della mano destra, che il gomito sinistro e lo spazio tra le braccia. Quando si esercita la posizione statica, la respirazione stimola un movimento di apertura e chiusura delle braccia, che deve essere naturale e non forzato, che esprime uno dei principi di base delle discipline interne, ovvero quel “Kai-ie” su cui si basano molti esercizi di Qi Gong.

La esecuzione di questa forma rinforza le spalle, la schiena, la vita e le gambe. Durante tutta l’esecuzione della forma l’idea deve essere quella di esprimere la forza e l’energia di un felino, specialmente quando si prepara a balzare in avanti, mantenendo allo stesso tempo una postura stabile ed equilibrata.

Un esercizio preparatorio alla esecuzione di questa forma è quello di portare il peso su un piede sollevando leggermente l’altro “vuoto”, facendo ruotare la gamba come per disegnare cerchi con il piede sollevato mantenuto con la suola parallela al suolo. E’ un movimento che stimola lo Yang e l’energia vitale che va eseguito per nove volte (o un numero multiplo di nove) per ciascuna gamba e nei due sensi di rotazione.

Volendo infine dedicare una analisi simbolica a questa forma, possiamo dire che abbiamo prima di tutto una azione di “raffinazione” delle energie e delle emozioni, che dal Dantian inferiore all’altezza dell’addome raccogliamo e distilliamo portandole in alto verso il Dantian mediano, andando così a lavorare sui “Tre Tesori” della Medicina Tradizionale Cinese.

L’immagine di una tigre che abbraccia il suo cucciolo ci porta a visualizzare un animale che può essere forte e feroce verso le sue prede ma altrettanto attento ed amorevole verso i suoi cuccioli, riprendendo quindi quell’ideale di “Uomo superiore”, esaltato dalle filosofie orientali (e non solo…), che unisce la Forza e la Giustizia insieme alla Compassione e alla Benevolenza.

“Abbracciare il cucciolo” può essere interpretato non solo come un gesto di protezione e affetto verso la nostra progenie, ma anche come un invito a recuperare la purezza d’animo e la spontaneità d’azione propria dei bambini. Gli esempi sono tanti, dalle parabole evangeliche in cui Gesù il Cristo ammonisce che “solo se ritornerete come bambini potrete entrare nel Regno dei Cieli” alla immagine del “Bambino d’oro” che troviamo in molti ammaestramenti orientali ed in una delle forme del Tom-ma.

Il “guardarsi le spalle” che otteniamo effettuando la torsione del busto ci insegna inoltre ad osservare cosa succede dietro di noi, ad imparare dalle esperienze del passato rimanendo però ben stabili ed equilibrati nel presente.

“Tornare alla montagna” infine, può essere inteso come il momento di sublimazione finale della raffinazione energetica cominciata con l’incrociare le braccia. La Montagna è da sempre infatti, nel Taoismo ma non solo, il luogo dove i saggi e gli eremiti si ritiravano per raggiungere l’illuminazione e l’elevazione spirituale.

Ecco quindi che, forse peccando di eccessiva fantasia, possiamo immaginare “La Tigre abbraccia il cucciolo e ritorna alla montagna” come un invito a mantenere la forza e l’energia dell’adulto espressa dalla immagine della Tigre unendola ed equilibrandola con la spontaneità e la sincerità del bambino per giungere infine ad armonizzare questi due aspetti in un unico essere stabile,ben radicato alla Terra ma allo stesso tempo proiettato verso il Cielo al pari di una montagna, che esprime la dualità originaria, come insegna il principio dello Yin/Yang.

L’aspetto marziale: stabili come una montagna, forti come una tigre.

Proviamo adesso ad analizzare alcune delle applicazioni marziali di questa forma che, come abbiamo già visto nel capitolo dedicato agli aspetti di benessere, comprende diversi movimenti. Il primo tra questi, “sollevare e incrociare le braccia” , può essere applicato per afferrare la gamba di un avversario che vuole colpirci con un calcio all’addome e portarla in alto in modo da squilibrarlo e farlo cadere. Lo stesso movimento può essere applicato ad una presa al bavero, per esercitare una spinta verticale sulla zona del polso o dell’avambraccio, in modo da portare in leva il braccio ed agire in leva su spalla e gomito.

Il movimento successivo, ovvero “portare la palla sul fianco”, prevede, tra le varie applicazioni marziali, una doppia percossa contro un aggressore che ci blocca con una presa a cintura alle spalle, che colpiamo con una gomitata bassa all’addome oppure sotto l’ultima costola toracica e con un colpo alla gola portato con la mano alta a lancia con le dita stese. Si passa poi a “Ruotare la palla” in cui il braccio basso che ha colpito con una gomitata all’addome può portare una percossa ai genitale con il dorso della mano, per poi agganciare con il braccio steso quello dell’avversario e caricarlo sulla spalla per una successiva proiezione, che si esprime nella torsione del busto.

Ipotizzando che in nostro avversario sia sfuggito alla nostra proiezione, con la torsione del busto e la successiva rotazione del busto “riportiamo la Tigre alla Montagna” con una doppia percossa: una al basso ventre ed una al volto oppure possiamo portare un colpo ai genitali o al fianco con la mano bassa ed un ulteriore colpo al volto o alla gola con la mano alta, che può essere seguito da un blocco con flessione della schiena simile a quello già visto in “Respingere la Scimmia”, con la mano bassa che tira verso di noi e la mano alta che spinge.

Vediamo in questa serie di tecniche marziali i principi che abbiamo già citato nell’analizzare l’esagramma n° 52 dell’I-Ching; per essere efficace – a seconda della tecnica che eseguo – dovrò essere rapido ed aggressivo come una tigre quando effettuo la torsione del busto per colpire il mio avversario alle spalle, stabile e ben piazzato come una montagna sia quando incrocio le braccia per afferrare un avversario frontale che quando eseguo il caricamento di un avversario alle spalle sulla zona mia lombare per la successiva proiezione. Ancora, dovrò essere veloce e improvviso come un tuono quando eseguo le percussioni e fluido e adattabile come l’acqua quando mi giro nella parte finale della forma.

Aldilà delle specifiche tecniche marziali che posso eseguire, la pratica di questa forma crea un movimento interno di torsione che ci permette di lavorare sulla forza a spirale.