La respirazione è uno degli atti principali dell’esistenza umana. Senza tema di smentita, possiamo definirla la prima azione compiuta al momento dalla nascita e l’ultima prima di concludere il nostro transito terreno.

Rispetto alle altre nostre funzioni vitali, la respirazione ha un aspetto duplice, che la rende sostanzialmente unica: possiamo infatti esercitare un controllo cosciente della respirazione, variandone ritmo e profondità, ma allo stesso tempo possiamo respirare anche in stato di incoscienza, nel sonno, da svenuti o addirittura in coma. Possiamo – come detto – adottare diversi modi di respirare ma non possiamo volontariamente smettere di farlo fino a causare risultati estremi come la morte; è un atto che eseguiamo migliaia di volte al giorno senza rendercene conto, impegnati nelle nostre tante attività quotidiane eppure è l’argomento su cui vertono la maggior parte delle domande di chi comincia la pratica delle discipline interne.

Tra naturalezza e controllo

In una classe di arti marziali, capita spessissimo infatti che un principiante, dopo i primi esercizi, chieda a chi dirige la pratica in che modo debba respirare. Solitamente, a meno che non si stiano eseguendo pratiche particolari, la risposta è di lasciare libero il corpo di adattarsi al ritmo ed alla intensità della pratica, senza forzare o squilibrare eccessivamente un atto tanto naturale quanto importante come è appunto la respirazione.

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Sbaglierebbe chi interpretasse questo consiglio come una sorta di disinteresse nei confronti di un atto fondamentale non solo per una buona riuscita della pratica, ma addirittura per la vita stessa; al contrario, proprio la consapevolezza della sua importanza fa sorgere la necessità di non “inquinarlo” con troppe sovrastrutture mentali e psicologiche, approcciandoci in maniera spontanea e naturale prima, per poi imparare a guidarlo e a gestirlo al meglio. Questo è vero per la maggior parte delle Arti marziali, ma lo è ancor di più nel caso della pratica delle discipline interne, che alla pratica di una respirazione corretta e consapevole riservano una grande attenzione. E’ sufficiente sfogliare qualcuno dei tanti libri in commercio (si vedano, a mero titolo di esempio – il “Trattato di alchimia e fisiologia taoista” di Chao Pi Ch’en oppure “Tai Chi Chian e Meditazione” di Da Liu) dedicati al Tai Chi Chuan, al Qi Gong o al Pa Kua Chang per trovare almeno un capitolo dedicato alla respirazione, all’elenco delle diverse modalità di esecuzione, ai consigli ed alle avvertenze per evitare errori ed effetti controproducenti.

Una disciplina nella disciplina

Di fatto, in Cina, per migliaia di anni la respirazione è stata al centro dello studio e delle ricerche di marzia listi, monaci ed alchimisti taoisti, ciascuno attento a coglierne gli effetti che si riverberavano sulla propria pratica; a seconda delle Scuole e delle pratiche eseguite, abbiamo modalità di respirazione attraverso il naso o la bocca, la respirazione embrionale e quella taoista, la respirazione inversa, la prenatale e la postnatale, solo per citare le più note. E’ anche interessante notare che il termine “Qi”, ben noto ai praticanti di queste discipline, può essere reso sia con l’ideogramma che richiama l’energia del vapore e quella che si ottiene dal nutrimento, indicando anche – in senso più ampio – la circolazione dell’aria nei polmoni e quella che i taoisti definiscono appunto respirazione postnatale. Il secondo ideogramma, meno noto del precedente, esprime il concetto di “esperienza nella alchimia” e si riferisce più precisamente all’energia vitale che si ottiene mediante le pratiche energetiche di trasmutazione interna, con la trasformazione del Jing (l’essenza vitale che rappresenta i fluidi corporei e gli elementi vitali veicolati dal flusso sanguigno) nel Qi .

Pur senza entrare troppo nel dettaglio di pratiche che richiedono una preparazione attenta ed una guida esperta, ci basta qui ricordare che le tecniche di respirazione più antiche si fanno risalire al mitico Huang Ti, il leggendario Imperatore Giallo che è considerato un vero pioniere dell’arte medica cinese ed a cui si fa risalire il termine “Tu Na” con cui erano indicati degli esercizi mirati allo sviluppo ed alla circolazione dell’energia interna. “Tu Na” indica l’atto respiratorio completo, poiché “Tu” si traduce come inspirare e “Na” come espirare, ed il termine viene spesso tradotto come “Mangiare aria” o “Nutrirsi col respiro”. Sull’efficacia di questi esercizi esistono molte testimonianze, da quelle che si rifanno al già citato Imperatore Giallo, che si racconta abbia governato per centinaia di anni ed abbia avuto cento mogli, a quelle che raccontano la vita di P’eng Tzu, riprese anche da Confucio e Chuang Tzu, che si dice abbia vissuto più di ottocento anni grazie ad una tecnica di respirazione particolare, passando per l’alchimista Ko Hung che nel suo libro “Po pu tze” spiega in dettaglio e con metodo scientifico le tecniche respiratorie da lui studiate.

Facile ma non banale

Possiamo essere più o meno scettici rispetto a quelle che appaiono esagerazioni o fantasie leggendarie, ma è innegabile che ognuno di noi può sperimentare la sensazione di benessere derivante dal respirare a pieni polmoni, con un ritmo calmo e rilassato, immersi in un ambiente naturale come un bel prato verde, la riva del mare o un bosco ombroso. Attraverso la pratica della respirazione inoltre, non solo operiamo una pulizia fisica delle vie aeree, ma in qualche modo “purifichiamo” anche il nostro stato emotivo, allontanando rabbia ed agitazione ed acquisendo uno stato di calma tranquillità, che ci permette di vivere ed affrontare al meglio i nostri impegni quotidiani.