Chiunque abbia a che fare con una disciplina di origine orientale, di qualunque tipo ed a qualunque livello di esperienza, sa bene quanto queste siano profondamente legate agli ideogrammi che fanno le veci del nostro alfabeto nel trasmettere per iscritto concetti, idee e parole.

Se ai primi approcci questo metodo di scrittura può sembrare complicato e farraginoso (si pensi solo al loro utilizzo nelle moderne modalità di comunicazione, tramite smartphone o computer) , una volta acquisita una sufficiente dimistichezza si aprono orizzonti inaspettati e intriganti possibilità.

Al molti l’utilizzo dei caratteri ideogrammatici sembra particolarmente difficile per via del rigore interpretativo che rimane comunque necessario per “leggere” un segno e la posizione in cui questo si trova, ma a ben pensarci non è comunque nulla di molto diverso dal distinguere un apostrofo da un accento e avere ben chiara la differenza tra b,d,p,q che agli occhi di un inesperto lettore altro non sembrano che lo stesso segno con differenti orientamenti; altri lamentano quanto sia ostico individuare il carattere originario quando vergato con una grafia estremamente fluida e scorrevole, ma invero non sono pochi gli esempi di tale difficoltà anche impiegando l’alfabeto a noi più familiare, come ben raccontano le proverbiali ricette mediche, spesso leggibili quasi solo da ormai esperti farmacisti.

Di contro, l’impiego degli ideogrammi è un potente stimolo all’impiego della fantasia e delle capacità di interpretazione di un segno, e permette affascinanti incursioni nel mondo dei simboli e delle analogie. Non sono pochi i casi in cui – leggendo cosa un carattere rappresenta e quale fosse l’immagine o l’idea alla base della scelta che ha portato a tracciarlo così come lo vediamo – ci troviamo ad ammettere che non avremmo saputo trovare immagine migliore e che con pochi tratti di pennello possiamo esprimere concetti anche particolarmente complessi.

Tutto questo, e molto di più, lo spiega chiaramente Fabrizia Berera nella introduzione al suo “Ideogrammi della salute” quando – ad esempio – spiega che: ”La forza intrinseca di alcuni caratteri cinesi dipende dal fatto di essere simboli e veicoli di una realtà che è viva e capace ti trasformare.” tanto che l’Autice riporta una citazione di C. Larre che afferma che: “Un’iscrizione in kaishu (stile regolare) appesa al muro della propria camera sarebbe al risveglio un’eccellente disposizione, un richiamo imperioso alla serietà dell’esistenza, l’assunzione per gli occhi di un ricostituente che agisce per tutta la giornata”.

Da queste poche parole appare già abbastanza evidente quanto un corretto approccio alla lettura e alla interpretazione degli ideogrammi utilizzati a vario titolo nell’ambito della Medicina Tradizionale Cinese (e non solo…) permetta di comprendere meglio alcuni concetti fondamentali per il corretto impiego di metodi diagnostichi e strumenti terapeutici.

In circa 200 pagine Fabrizia Berera raccoglie una analisi etimologica essenziale ma esaustiva, che partendo dall’aspetto primitivo dei vari caratteri ne illustra significato ed impiego, particolarmente utili in caso di omofonie o significati simili. Dai caratteri più noti come quelli di Dao (Via), Tian (Cielo), Di (Terra), Uomo (Ren), Cuore (Xin), Spirito (Shen) sino a quelli meno usuali ma altrettanto (se non più) intriganti, “Ideogrammi della salute” suggerisce percorsi di approfondimento e riflessione in cui ciascun lettore potrà trovare nozioni utili a comprendere meglio pratiche e concetti semplici ma non banali.

Diviso in quattro parti, che a loro volta racchiudono diversi capitoli, “Ideogrammi della salute” è un manuale agile e fondamentale, utile tanto al principiante quanto al praticante esperto, che si può leggere come un normale testo di studio oppure aprire a caso, lasciandosi sorprendere dal paragrafo che il Destino (o chi per lui…) vorrà presentarci.