Nello scorso fine settimana ho avuto l’occasione di parlare a quattro diversi gruppi di studenti liceali presso due sedi di un istituto scolastico di Grottaglie.

Il tema che mi è stato chiesto di illustrare era “Tecniche e strumenti della Difesa Personale”, da analizzare in incontri della durata di circa due ore, da svolgersi all’interno di un’aula scolastica. Una sfida impegnativa, sia per il pubblico a cui i talk erano destinati, sia per la necessità di condensare in poco tempo molti concetti, sia per la oggettiva mancanza di strumenti didattici che avrebbero favorito l’esposizione.

Ma d’altronde bisogna fare di necessità virtù e – se c’è un concetto fondamentale nel campo della Difesa Personale – è proprio quello di sviluppare la capacità di utilizzare ogni e qualsiasi oggetto disponibile in uno strumento utile alle nostre necessità. Mi sono quindi presentato al primo incontro con qualche oggetto portato da casa, con una scaletta appena abbozzata e – dotazione ben più importante e necessaria – con l’esperienza di incontri passati e con il ricordo dei consigli forniti in passato dai miei Maestri e insegnanti.

Il risultato finale è stato superiore alle mie più rosee speranze; nonostante qualche intoppo burocratico che ha reso un po’ farraginosa ed intermittente la mia esposizione, riuscire a condurre quattro incontri da due ore, a ciascuno dei quali hanno partecipato una ventina di studenti la cui attenzione era divisa tra l’onnipresente smartphone e un argomento diverso da quello solitamente trattato in ambiente scolastico è stata una bella sfida, che ha messo alla prova le mie doti di comunicatore già a partire dalla scelta di cosa dire (e cosa non dire, parlando con adolescenti minorenni).

Abbiamo spaziato da una analisi matematica dei fattori che caratterizzano una qualunque probabile situazione avversa al prendere atto che il “Rischio Zero” non esiste, passando per una breve analisi delle norme legislative dedicate alla legittima difesa (sfatando qualche leggenda metropolitana), i rischi della Rete (dal revenge porn alla pedopornografia), la opportunità di valutare situazioni e ambienti potenzialmente pericolosi e la importanza della gestione della distanza.

Agli approfondimenti teorici si sono ovviamente affiancate le sperimentazioni pratiche, e partendo da situazioni quotidiane abbiamo “toccato con mano” come gesti semplici e conosciuti (tuffarsi in piscina, nuotare come un delfino, dire una preghiera…possono – alla bisogna – consentirci di libebarci da una presa sgradita o da un tentativo di bloccaggio.

Non sono mancati accenni alla fondamentale importanza della prevenzione, dalla memorizzazione di un numero telefonico da chiamare in caso di emergenza tramite l’utilizzo dell’assistente vocale di cui è dotato ogni smartphone alla opportunità di avere sempre consapevolezza di dove si è ed in compagnia di chi (al proposito, è stato impressionante scoprire che praticamente nessuno degli alunni presenti avesse mai letto l’elenco con i comportamenti da tenersi in caso di emergenza affissi in ogni classe, non sapesse dove fossero ubicati gli estintori, i defibrillatori o le uscite di emergenza).

Molto coinvolgente è stata, in tutti gli incontri, la parte dedicata all’impiego di oggetti di uso comune da utilizzare alla bisogna: una penna biro, un deodorante spray o la chiave di casa diventano – in caso di necessità – un utilissimo alleato per guadagnare secondi preziosi ed a volte fondamentali per sfuggire ad una minaccia, e vedere negli occhi di ragazzi e ragazze una nuova sicurezza è sempre una gran bella soddisfazione.

Non poteva mancare, ovviamente, l’illustrazione del “Signal for help”, le insidie dell’”effetto spettatore” e l’invito a segnalare a forze dell’ordine ed istituzioni gli eventuali casi di violenza di cui si dovesse essere vittime o testimoni, rafforzato dal materiale illustrativo messo a disposizione dalla associazione Alzàia, che si occupa e con cui da tempo c’è un rapporti di stima e collaborazione.

Una esperienza più che positiva, apprezzata anche dai partecipanti, che spero possa contribuire ad una maggior sicurezza dei partecipanti e – soprattutto – a spingere gli istituti scolastici a programmare più frequentemente questi eventi formativi.