Un noto detto ammonisce a non giudicare mai un libro solo dalla copertina, ma è altrettanto vero che è questa, nella maggior parte dei casi, a stimolare la nostra curiosità ed a spingerci a cominciare a sfogliare le prime pagine.

Nel caso de “La solitudine maestra” di Ottavio Tramonte la scelta è stata particolarmente azzeccata: una grafica semplice e pulita che va subito al punto ed una immagine che, proverbialmente, dice più di molte parole. Rappresenta infatti l’immagine di una scultura greca datata alla seconda metà del IV secolo a.C., attualmente conservata al Museo Nazionale Romano, che rappresenta un pugile seduto, che ancora indossa le protezioni delle mani, colto in un momento di riposo dopo un combattimento.
A differenza della quasi totalità delle immagini, che ritraggono un combattente all’apice della sua gloria, fiero della sua forza e soddisfatto dei suoi successi, il pugile qui ritratto mostra evidenti i segni delle ingiurie del tempo e delle percosse subite: le “orecchie a cavolfiore” ben note a chi si dedichi alla lotta sul tappeto, dalla antica greco-romana al più recente brasilian jujutsu, le gocce di sangue cadute su spalla, avambraccio e coscia sono solo alcune delle testimonianze più evidenti, che incorniciano un volto che esprime più stanchezza e dolore che gioia ed entusiasmo.

Una immagine emblematica, perché se è facile pensare che la statua rappresenti comunque un atleta dal curriculum importante e di successo, appare evidente che i traguardi conseguiti hanno avuto un prezzo pagato senza sconti, fatto di impegno, fatica, traumi e dolori.

Passano i secoli, molte cose cambiano ma altre rimangono uguali a sé stesse; le Olimpiadi di Parigi sono state segnate – tra le altre polemiche – da quelle alimentate dalla lamentata irregolarità della partecipazione di una pugile nordafricana dai tratti marcatamente maschili. L’atleta italiana che l’ha affrontata sul ring si è ritirata dopo nemmeno un minuto e sul labiale pronunciato dopo aver tolto il paradenti si leggeva chiaramente “fa malissimo“, frase che se da un lato spiegava chiaramente i motivi del ritiro, dall’altro ha dato la stura a meme e commenti sarcastici, la maggior parte dei quali – occorre dirlo – pronunciati da chi probabilmente non ha mai dato o ricevuto un pugno detto di questo nome.

In altre e semplici parole: combatte fa male. E che si combatta su un ring o su un campo di battaglia, su un tatami olimpico o su una brulla pianura straniera fa ben poca differenza. Ieri si combatteva per la propria vita o per quella dei nostri cari, oggi – fortunatamente – alla gran parte di noi non è richiesto questo impegno e combattere è quasi sempre una opzione ludica, dalle scarse implicazioni morali, eppure…

Eppure…

Eppure non bastano poche decine di secoli a cambiare i nostri meccanismi atavici, e che ieri si combattesse per la vita ed oggi per un parcheggio – a livello istintivo – non fa differenza, ed ecco che basta un apparente nonnulla perché da un insospettabile salti fuori un demone assetato di sangue, un berserkr incapace di arrestare la sua furia, un angelo sterminatore spietato.

Ecco allora che appare più chiara una delle possibili chiavi di lettura di questo libro, che unisce sapientemente l’autobiografia dell’autore e l’analisi dei principi marziali di ieri e di oggi, d’Oriente e d’Occidente. Non serve negare la nostra “parte oscura”, inutile relegarla in un angolo da dove speriamo non esca mai; meglio conoscerla, affrontarla, sfruttarla e scoprire così un possibile approccio all’esistenza di un guerriero della vita moderna.

In questo libro di Ottavio Tramonte c’è questo e molto altro, in una analisi lucida e semplice, come sono poi tutti i veri principi dell’Arte, marziale o no che sia. Che si parli di Judo o Scrimia, Boxe occidentale o Thailandese, Ju Jitsu o Pukulan a cambiare è più l’apparenza che la sostanza e lo si scopre solo mettendosi in gioco.

A ulteriore testimonianza di quanto i principi, le tattiche, le strategie e la forma mentis maturata in combattimento possano essere illuminanti anche in altri campi della nostra quotidianità, non mancano le citazioni di saggi e filosofi che mai penseremmo di associare al mondo marziale ma che diventano invece un trait d’union illuminante per comprendere quanto un’Arte (volutamente con l’iniziale maiuscola) possa insegnarci, se siamo disposti a pagare il prezzo delle sue lezioni.

Ottavio Tramonte non ha mai fatto sconti a sé stesso, e non ne fa neppure in questo libro; eviti di accostarsi a queste pagine chi cerca formule rassicuranti, scorciatoie comode e tuttologie assortite; quasi in ogni capitolo è scritta e ribadita l’importanza di curare i principi fondamentali, di cercare l’essenza di un’Arte, di apprezzare il confronto con il diverso, unico modo per scoprire i nostri limiti e imparare.

Questo significherà tornare a casa non lividi ed ecchimosi sul corpo ma – soprattutto! – sul nostro Ego? Quasi certamente si, ma non esiste altro modo di diventare farfalla per il bruco se non correre il rischio di uscire dal suo bozzolo protettivo.

Un libro illuminante, questo di Ottavio Tramonte, che sono certo avrà rivelato molto anche a lui stesso mentre lo scriveva, e che altrettanto può rivelare a chiunque lo legga. Consigliato ai praticanti di Arti marziali per guardare in una nuova luce il loro percorso, è altrettanto consigliato a chi si voglia impegnare in un percorso di crescita personale, per cogliere nuovi spunti di riflessione, utili a meglio focalizzarsi su una sfida tanto impegnativa quanto entusiasmante per essere artefici pienamente consapevoli del nostro futuro.

 

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Rievocare antichi riti e gesta delle Discipline Marziali per temprare mente e corpo, trasformandosi nel Guerriero moderno capace di affrontare il proprio viaggio, con la consapevolezza che proprio nelle cadute troverà il vero momento di crescita. Un cammino senza meta ultima, dove la scoperta di sé stessi avviene mettendosi in gioco ogni giorno, certi che dalla battaglia si può tornare solo “con lo scudo” o “sopra lo scudo”.

L’ Autore: OTTAVIO TRAMONTE

Ex atleta di Judo, a 17 anni era già cintura nera agonistica. Deciso ad apprendere ogni sfumatura delle Arti Marziali, ma soprattutto dei loro principi di combattimento, praticherà discipline di autodifesa come Kali Filippino, Kravmaga, e divenendo atleta di Boxe Thailandese, confrontandosi inoltre in match Professionistici di Thai, Pugilato, Kickboxing, Sanda e Submission.

Questo percorso a duro contatto lo porterà a conoscere ed abbracciare in toto la via del Pukulan Pentjak Silat, un sistema close-combat Indonesiano. Oggi Ottavio è uno dei Direttori Tecnici della Naga Kuning Institute: il suo compito è salvaguardare le tecniche ed i valori tramandati attraverso le Arti Marziali indonesiane.

Nella sua Matjan Academy lavora come Insegnante a tempo pieno di Arti Marziali, come COACH qualificato di Allenamento Funzionale direttamente dalla WTA, oltre a seguire una formazione tecnica completa di Nutrizione dello Sport e di Biohacking perché la prima autodifesa per il proprio corpo parte dal saperlo Nutrire e conoscerlo nei suoi processi fisiologici per essere in Salute e vivere al meglio.

Ad oggi completa il suo background Marziale come Istruttore di Tiro con le armi da fuoco, seguendo regolarmente corsi d’aggiornamento di scuole d’eccezione sul territorio Nazionale.
(dalla quarta di copertina)