Il titolo di questo articolo è una domanda impegnativa nella sua semplicità. Chissà quante volte la abbiamo sentita mentre cercavamo di illustrare le nostre discipline a qualche persona interessata.

Diciamo subito che questa domanda non ha una risposta. Forse ne ha moltissime (tante quanti sono i praticanti) e forse non ne ha nessuna, in quella contraddizione logica che contraddistingue buona parte delle affermazioni che provengono dall’Oriente. Purtuttavia al curioso che ce la pone una qualche risposta la si dovrà pur dare, e allora nel seguito è riportata qualche informazione che forse potrà esserci utile per fare luce su qualche aspetto magari meno noto, ma non per questo meno importante, delle discipline che pratichiamo.

Chi ha “inventato” il Tai Chi Chuan?

Tradizionalmente Chang San Feng è considerato il fondatore del Tai Chi Chuan, ma se noi leggiamo i testi moderni spesso la nascita dell’arte viene attribuita a Chen Wang Ting, (1500 d.C.), un funzionario dell’esercito imperiale che una volta ritiratosi dal servizio attivo sviluppò l’Arte nel villaggio di Chenjiagou. La diatriba ha radici profonde che non è facile districare in questa sede; basterà affermare che nulla avviene per caso e che politicamente conveniva popolarizzare un’Arte complessa evidenziandone i caratteri più grossolani, tagliando al contempo i legami con una conoscenza ed una Tradizione millenaria che la Rivoluzione Culturale di Mao Zedong voleva cancellare.

Riducendo in estrema sintesi secoli di storia, possiamo dire che Chang San Feng non ha ideato “ex novo” il Tai Chi Chuan ma ha piuttosto riorganizzato una serie di pratiche e discipline già esistenti ed appartenenti alle Scuole proto Taoiste, sviluppatesi in periodi storici diversi; la pratica delle “Nove Ruote di Potere” è frutto dell’esperienza del Maestro Wong Tai Sin o Tse-Chong-Tsi (Il Maestro “Pino Rosso”), la forma Terra si fa risalire a Huang Ti, il mitico “Imperatore Giallo” mentre la forma Uomo deriva dal Maestro Pan Jo.

Nell’ambito del Tai Chi Chuan, solitamente si individuano tre correnti principali: il ramo Taoista centromeridionale, il ramo del Nord ed il ramo del Sud collegate dalle 37 forme che costituiscono la base comune di pratica. Nel curriculum tecnico della Wudang Fu Style Academy il ramo del Sud è studiato attraverso la pratica del Tai Ki Kung, mentre nel Tai Chi Chuan del Vecchio stile Fu sono compresi i rami Taoista e del Nord, che hanno contribuito a formare sul curriculum tecnico sviluppato su tre livelli di apprendimento e trasmesso secondo il metodo tradizionale dal Gran Maestro Fu Chen Song ai suoi sette allievi diretti, tra cui il Gran Maestro To Yu, che all’epoca era il discepolo più giovane.

I tre livelli della pratica

I tre livelli di studio vedevano come primo una modalità di pratica che si sviluppa attraverso movimenti lenti e fluidi, conosciuta con il nome “Yun Chi”, che possiamo tradurre come “Accogliere e far circolare il Chi”, che rappresenta sostanzialmente la tipologia di addestramento riservata a chi inizia a praticare il Tai Chi Chuan, come nel caso della Forma 88 del Vecchio stile Fu eseguita in modalità Wen, che si focalizza maggiormente sugli aspetti di benessere. Il secondo livello bilanciava il “duro” ed il “morbido” insieme per poi arrivare al massimo livello rappresentato dalla fusione del respiro con il corpo e dalla interazione di Jing, Qi e Shen.

Ogni livello ha ovviamente una sua modalità di pratica, nel curriculum didattico del Vecchio stile Fu – ad esempio – la già citata forma 88 può essere praticata sia in maniera lenta che in modalità veloce, come previsto nella didattica adottata dal ramo del Nord, si passa poi alla forma del Tai Chi dei Palmi Fulminanti per giungere alle pratiche comprese nel ramo Taoista.
A questi livelli di pratica si aggiunge poi quanto previsto nella didattica legata al Pa Kua Chang, che è in qualche modo la naturale evoluzione del Tai Chi Chuan, sia a livello cosmologico secondo la visione Toista che a livello energetico, secondo la medicina tradizionale Taoista, poiché il Tai Chi Chuan lavora principalmente sui dodici Meridiani Zhang – Fu , mentre il Pa Kua Chang lavora sugli otto meridiani straordinari.

L’obbiettivo della pratica

Per comprendere ancora più profondamente i diversi aspetti della pratica, è bene ricordare che in passato il nome antico con qui quest’Arte era conosciuta è “Chin Ya Tai Ki Kung” che possiamo tradurre come “l’Unità completa che conduce alla Conoscenza dell’Energia Assoluta”. Quindi Tai Chi Chuan non indica solamente il pugilato che applica i principi del Tai Chi, aldilà del significato letterale degli ideogrammi, che pure si prestano – come sappiamo – a diverse interpretazioni, ma anche – se non soprattutto – l’unione con l’Universo, o la Danza Cosmica. Quando l’Arte comprende – nel senso etimologico del termine – gli aspetti Yin e Yang esprimerà tanto l’aspetto marziale che quello alchemico di Lunga Vita.

Considerando questo aspetto, ed il fine a cui tende l’Arte, si dovrà quindi valutare come procedere lungo la Via e quali pratiche affiancare in modo che queste possano operare in maniera sinergica piuttosto che ostacolarsi a vicenda. A questo proposito, tenendo sempre a mente che il metodo classico di trasmissione dell’Arte si è mantenuto all’interno delle Scuole tradizionali, è bene ricordare che nel curriculum della Wudang Fu Style Academy è compresa – ad esempio – la pratica del Kao Lun Kung, le cosiddette “Nove Ruote di Potere”, che è una forma di Tai Chi che ci permette di aprire i canali energetici per la conoscenza dell’Energia Cosmica.

E’ attraverso una pratica corretta e bene indirizzata che si riesce a creare il cosiddetto “Corpo Tai Chi” raggiungendo il progresso desiderato; in difetto, potremmo praticare per anni ottenendo come unico risultato quello che – con una immagine molto efficace – il M° Severino Maistrello definisce “Muovere l’aria”.

A costo di far crollare qualche illusione, è bene ribadire che quello che ci trasforma non è il lavoro meccanico e inconsapevole, ma piuttosto l’aderenza ad un percorso corretto seguito con attenzione e presenza attiva. Piaccia o non piaccia, se le indicazioni su cui ci basiamo sono precise e coerenti raggiungeremo il nostro obbiettivo, altrimenti ci perderemo in un girovagare vuoto e sterile che al massimo ingrasserà il nostro Ego ed aumenterà la nostra frustrazione.

E visto che abbiamo parlato di illusioni e false certezze, non possiamo dimenticare che il Tai Chi Chuan dovrebbe essere anche una pratica marziale, come testimonia l’ideogramma che lo identifica come “pugilato”. Osservando la pratica di chi persegue solo la armonia estetica della forma, sorge più di qualche dubbio sulla efficacia di questi movimenti in un combattimento, eppure non solo leggende millenarie ma anche cronache di pochi decenni fa riportate da testimoni affidabili raccontano di praticanti di Tai Chi Chuan che hanno applicato con successo le loro tecniche in combattimenti reali; è evidente che qualcosa non torna e manca un tassello che unisca questi due aspetti a prima vista lontanissimi tra loro, ma questo argomento meriterà un articolo dedicato che cercherà di affrontare questa apparente contraddizione.