Nel vasto panorama dei testi scritti relativi alle discipline che pratichiamo all’interno delle nostre associazioni, c’è n’è uno che quasi tutti noi abbiamo, ma che è diverso per ognuno, che a differenza di altri cambia nel tempo, si modifica e si evolve. E’ il nostro blocchetto degli appunti, quello su cui proviamo ad annotare in maniera rapida ma sufficientemente chiara i particolari e le fasi principali di una tecnica, i punti salienti di un principio, il significato di una parola o di un gesto.
Potrà sembrare anacronistico e quasi inutile ai praticanti più giovani, che oramai grazie alla Rete possono osservare nei minimi particolari le azioni di vecchi maestri oramai scomparsi, che possono consultarsi con colleghi e insegnanti dall’altra parte del mondo, che possono usufruire di lezioni online senza neppure uscire da casa, eppure ancora oggi un bloc notes può essere una risorsa preziosa.
Al pari del budopass su cui sono registrati i nostri passaggi di grado e i seminari a cui partecipiamo, il nostro blocchetto degli appunti è una sorta di “stargate” in grado di riportarci istantaneamente indietro nel tempo e nello spazio, oltre a fornirci altri interessanti stimoli di riflessione, primo tra tutti la constatazione che ciò che ci appariva chiaro quando abbiamo scarabocchiato i primi frettolosi appunti, spesso si rivela quasi indecifrabile dopo qualche giorno, quando la memoria comincia a fare difetto.
Per questo, ad esempio, c’è chi – come me – alla prima stesura “in corso d’opera” fa seguire una seconda rielaborazione, più dettagliata e meno oppressa dall’impellenza di dover comunque partecipare alla pratica. Atto di copiatura e rielaborazione che permette di approfondire i concetti, ampliare la descrizione e aggiungere anche qualche nota frutto dei successivi momenti sperimentali.
C’è chi quegli appunti li conserva così come sono, chi li consulta con una certa frequenza per trarre ispirazione o per fugare dubbi, c’è chi li organizza in un corpus più elaborato per destinarli alla pubblicazione sotto forma di libro. E se cambiano gli usi, diversi sono anche gli strumenti; c’è chi usa il classico bloc notes a quadretti, chi il taccuino modello Moleskine, chi un registratore vocale e chi fogli sparsi trovati al momento.
Come dicevamo, ciascuno ha il suo metodo, utilizzato però per un fine comune: fermare nel tempo una immagine, una idea, una suggestione che altrimenti temiamo potrebbe svanire per sempre.